Ecco i 5 segnali che dimostrano che una persona ha un’autostima troppo elevata, secondo la psicologia

Viviamo nell’era del “credi in te stesso”, del “tu vali”, degli innumerevoli post motivazionali che ci ricordano quanto siamo speciali. E per carità, l’autostima sana è fondamentale! Avere fiducia nelle proprie capacità è come avere le fondamenta solide di una casa: senza, crolla tutto. Ma cosa succede quando quelle fondamenta diventano così alte da trasformarsi in una torre d’avorio dalla quale guardi tutti dall’alto in basso? Ecco, lì iniziano i problemi.

Esiste un confine sottile tra avere una sana autostima e sconfinare in quel territorio scomodo fatto di arroganza, presunzione e una sorta di delirio di onnipotenza mascherato da sicurezza. E la parte interessante? Chi oltrepassa quel confine quasi mai se ne accorge. Sono sempre gli altri a notarlo, mentre tu ti chiedi perché le persone intorno sembrano sempre “non capirti” o “essere invidiose del tuo successo”.

La psicologia ha studiato questo fenomeno in lungo e in largo, dandogli anche un nome preciso: autostima eccessiva o autostima ipertrofica. Quando l’autostima supera il livello ottimale e diventa eccessiva, emergono una serie di problematiche concrete: difficoltà nelle relazioni interpersonali, maggiore esposizione ai fallimenti, obiettivi irrealistici che non vengono raggiunti e quello che gli psicologi chiamano “sense of entitlement”, ovvero la sensazione di meritare trattamenti speciali semplicemente perché sì, perché sei tu.

Facciamo chiarezza: autostima alta non significa autostima eccessiva

Prima di andare avanti, è importante fare una distinzione cruciale perché qui si rischia di fare confusione. Avere un’autostima alta e sana è assolutamente positivo ed è considerato un fattore protettivo per il benessere psicologico. Significa avere una valutazione realistica di te stesso, riconoscere sia i tuoi punti di forza che i tuoi limiti, essere in grado di affrontare le sfide con fiducia senza crollare al primo ostacolo, e accettare le critiche costruttive senza sentirti distrutto.

L’autostima eccessiva, invece, è tutta un’altra faccenda. È quella che si manifesta come un vero e proprio complesso di superiorità: una valutazione esageratamente positiva di se stessi, rigida e non negoziabile, che non ammette di essere messa in discussione. È un’immagine di sé gonfiata come un palloncino che deve costantemente essere riempito di conferme esterne, altrimenti rischia di sgonfiarsi di colpo.

Pensaci in questi termini: l’autostima sana è come un elastico flessibile che si adatta alle situazioni, può allungarsi sotto pressione ma poi torna alla sua forma originale. L’autostima eccessiva è come un bastoncino rigido: sembra più forte, ma al primo vero urto si spezza. E quando si spezza, sono dolori.

I segnali che la tua autostima ha superato il livello di guardia

La ricerca psicologica ha individuato una serie di pattern comportamentali che caratterizzano chi ha sviluppato un’autostima disfunzionale. Se ti riconosci in troppi di questi punti, potrebbe essere il momento di fare un po’ di sana autocritica.

Le critiche ti fanno andare in modalità difesa totale

Quando qualcuno ti fa notare un errore, anche con le migliori intenzioni e nel modo più costruttivo possibile, la tua reazione è immediata e viscerale: ti senti attaccato personalmente. Non riesci a separare il comportamento dall’identità. Per te, “hai fatto un errore in questa cosa” equivale automaticamente a “sei una persona sbagliata e inadeguata”.

Questa difficoltà ad accettare feedback negativi è uno dei segnali più evidenti dell’autostima eccessiva. Chi ha un’immagine gonfiata di sé vive ogni critica come una minaccia mortale all’intera struttura della propria identità, che deve rimanere perfetta e inattaccabile. Il problema è che così facendo ti precludi ogni possibilità di crescita, perché crescere significa proprio riconoscere dove possiamo migliorare.

La colpa è sempre, rigorosamente, di qualcun altro

Questo è probabilmente il segnale più irritante per chi ti sta intorno. Quando le cose vanno male, tu hai sempre pronta una spiegazione esterna: il capo che non capisce niente, i colleghi incompetenti, il professore che ce l’aveva con te, la sfortuna, persino l’allineamento dei pianeti. Mai, e dico mai, che il problema possa essere una tua responsabilità o un tuo errore di valutazione.

Questa tendenza sistematica a esternalizzare i fallimenti è una strategia di difesa dell’ego. Se ammetto di aver sbagliato, crolla tutta l’immagine grandiosa che ho costruito di me stesso, e questo è inaccettabile. Meglio piegare la realtà e dare la colpa agli altri piuttosto che ammettere una crepa nella facciata perfetta. Il problema è che questa strategia impedisce completamente l’apprendimento dall’errore. Se non riconosci mai le tue responsabilità, come puoi capire cosa modificare per la prossima volta?

Guardi tutti dall’alto in basso (anche se non lo ammetti)

Ti sorprendi spesso a pensare che le persone intorno a te non siano “al tuo livello”? Che i loro successi siano in qualche modo meno meritati o meno importanti dei tuoi? Che le loro difficoltà derivino da mancanza di talento o impegno, mentre le tue sono sempre dovute a circostanze esterne eccezionali?

Questa svalutazione sistematica degli altri è uno dei tratti centrali del complesso di superiorità. Non si tratta di riconoscere oggettivamente di essere bravo in qualcosa di specifico, cosa assolutamente legittima, ma di un atteggiamento pervasivo di disprezzo o condiscendenza verso praticamente chiunque. È quella vocina interna che ti sussurra costantemente “io avrei fatto meglio”, “loro non capiscono”, “sono troppo avanti per questo ambiente”.

E attenzione, questa svalutazione può essere molto sottile. Non è che vai in giro a dire apertamente che gli altri fanno schifo, ma emerge in piccoli comportamenti: il tono con cui parli di colleghi o amici, la facilità con cui minimizzi i successi altrui, il modo in cui “correggi” continuamente gli altri anche quando non te lo chiedono.

Ti senti speciale, nel senso che meriti privilegi “per diritto divino”

Quel concetto di “sense of entitlement” di cui parla la ricerca psicologica si manifesta in mille modi diversi, tutti ugualmente fastidiosi per chi ti sta intorno. Ti aspetti che le regole non valgano per te, ti irriti quando devi fare la fila come tutti gli altri, ti senti offeso se non ricevi riconoscimenti immediati per ogni minimo contributo, dai per scontato che gli altri debbano adattarsi alle tue esigenze senza reciprocità.

Non è solo il pensare occasionalmente di meritare qualcosa di specifico in una situazione particolare. È la convinzione di fondo, profonda e radicata, di essere intrinsecamente “speciale” in un modo che giustifica costantemente eccezioni, privilegi e attenzioni. E quando questi non arrivano? Ovviamente è un’ingiustizia, è incomprensione, è invidia.

Le tue relazioni sembrano una sequenza di conflitti e incomprensioni

Se ti guardi indietro e noti che le tue relazioni, siano esse amicali, sentimentali o lavorative, tendono a finire male con una certa regolarità, forse c’è qualcosa su cui riflettere. Conflitti ricorrenti, persone che inspiegabilmente si allontanano, amicizie che si deteriorano senza che tu capisca bene perché, partner che ti lasciano accusandoti di egoismo o mancanza di empatia.

Gli psicologi sottolineano che l’autostima eccessiva crea inevitabilmente difficoltà relazionali significative. Perché? Semplice: le relazioni sane si basano su reciprocità, sulla capacità di essere vulnerabili, di ammettere i propri errori, di fare compromessi. Tutte cose che collidono frontalmente con un’immagine di sé rigida, grandiosa e non negoziabile.

È difficile costruire legami autentici quando devi costantemente dimostrare di essere superiore, quando non riesci mai ad ammettere di aver torto, quando ogni disaccordo diventa una battaglia esistenziale per stabilire chi ha ragione. E alla lunga, le persone si stancano e se ne vanno, lasciandoti con la convinzione che “gli altri non capiscono” piuttosto che con la consapevolezza che forse il problema è nel tuo modo di relazionarti.

Il grande paradosso: dietro l’armatura si nasconde spesso l’insicurezza

E qui arriva il colpo di scena che rende tutta questa dinamica più complessa e, in qualche modo, più umana. Diversi studi in ambito clinico evidenziano che l’autostima ipertrofica molto spesso maschera una profonda insicurezza di fondo.

Quale segnale di autostima eccessiva riconosci più in te stesso?
Critiche = attacco personale
Colpa sempre degli altri
Svaluto gli altri spesso
Mi sento eccezionale per diritto
Relazioni sempre complicate

Sembra un controsenso, vero? Come può qualcuno che si sente superiore essere in realtà profondamente insicuro? Ma pensaci bene: se la tua autostima fosse davvero solida e radicata, avresti bisogno di dimostrarla costantemente? Reagiresti in modo così difensivo a ogni minima critica? Dovresti sminuire gli altri per sentirti bene con te stesso?

L’immagine gonfiata di sé funziona esattamente come un’armatura: ti protegge dall’angoscia terribile di sentirti inadeguato, dall’ansia di non essere abbastanza, dalla paura di essere scoperto come “impostore”. Ma il prezzo di questa protezione è altissimo: una rigidità che impedisce qualsiasi crescita autentica, qualsiasi vero contatto con se stessi e con gli altri.

È come quella persona che parla sempre e solo di quanto guadagna, di quanto è figa la sua macchina, di quanto è importante nel suo lavoro. Non sta comunicando vera sicurezza, sta cercando disperatamente conferme esterne perché dentro si sente fragile. E deve continuare a gonfiare l’immagine perché se si fermasse un attimo, rischierebbe di sentire tutta l’insicurezza che c’è sotto.

Il legame con narcisismo e complesso di superiorità

A questo punto ti starai chiedendo: ma questi comportamenti non assomigliano un po’ al narcisismo? E la risposta è sì, non è un caso. Molti dei tratti dell’autostima eccessiva si sovrappongono con quelli che caratterizzano il disturbo narcisistico di personalità e il cosiddetto complesso di superiorità.

Esiste però un punto importante da chiarire: ci sono tratti narcisistici che possono manifestarsi in persone con autostima gonfiata senza che questo configuri necessariamente un disturbo di personalità vero e proprio. Il bisogno di ammirazione, il senso di superiorità, la difficoltà nell’empatia, la tendenza a sfruttare gli altri: sono tutti elementi che esistono su un continuum.

La differenza sta nell’intensità, nella pervasività e soprattutto nell’impatto sulla vita quotidiana. Avere alcuni di questi tratti non ti rende automaticamente un narcisista patologico che ha bisogno di un intervento clinico urgente, ma dovrebbe comunque farti riflettere su quanto questi pattern stiano influenzando negativamente la tua vita e le tue relazioni.

Perché dovrebbe importarti (anche se ora pensi “io sto benissimo così”)

Potresti pensare: “E quindi? Se mi sento sicuro di me e superiore, dov’è il problema? Almeno non sono depresso”. Il problema è che questa sicurezza fasulla ha conseguenze concrete e misurabili sulla qualità della tua vita.

Prima di tutto, le relazioni soffrono tremendamente. E no, non è sempre colpa degli altri che “non ti capiscono” o “sono invidiosi”. Nessuno vuole stare a lungo vicino a qualcuno che lo fa costantemente sentire inferiore, che non sa chiedere scusa sinceramente, che non sa ascoltare davvero senza aspettare solo il proprio turno per parlare. Le persone hanno bisogno di sentirsi viste, rispettate, valorizzate, e questo non può accadere in una relazione con qualcuno che vive costantemente su un piedistallo.

Secondo, la crescita personale si blocca completamente. Se “non sbagli mai”, come puoi imparare? Se ogni fallimento è sempre colpa di fattori esterni, come puoi capire cosa modificare del tuo approccio? L’autostima eccessiva crea una bolla impermeabile dove non possono entrare informazioni nuove che potrebbero metterti in discussione, e questo significa stagnazione assoluta. Rimani bloccato nello stesso punto, convinto di essere già arrivato mentre il mondo va avanti.

Terzo, paradossalmente ti esponi a fallimenti più grandi e dolorosi. Quando sovrastimi sistematicamente le tue capacità, tendi a imbarcarti in progetti troppo ambiziosi senza adeguata preparazione, a rifiutare aiuti quando ne avresti disperatamente bisogno, a ignorare segnali di pericolo evidenti perché “tu sai quello che fai”. Il risultato? Cadute molto più rovinose di quelle che avresti avuto con una valutazione più realistica delle tue possibilità.

Quarto, c’è un costo emotivo pesantissimo. Mantenere un’immagine grandiosa di sé richiede energia psichica costante e genera ansia continua. Ogni situazione che potrebbe anche solo potenzialmente minacciare questa immagine perfetta diventa una fonte di stress. Non è vera libertà, è una prigione psicologica travestita da palazzo dorato.

Come riequilibrare: verso un’autostima più autentica e funzionale

La buona notizia, confermata dalla ricerca psicologica, è che l’autostima non è qualcosa di fisso e immutabile. È un aspetto di noi che può cambiare, modellarsi, diventare più flessibile e aderente alla realtà attraverso un lavoro consapevole.

Inizia a praticare la vulnerabilità in piccole dosi. Ammettere di non sapere qualcosa, chiedere aiuto quando ne hai bisogno, riconoscere sinceramente un errore senza giustificazioni. Sì, fa paura all’inizio, ma queste azioni non ti rendono debole. Ti rendono umano e, paradossalmente, molto più forte perché non devi più sprecare energie immense a mantenere una facciata perfetta.

Allenati ad ascoltare davvero le persone, non solo ad aspettare il tuo turno per parlare. Quando arriva una critica, invece di reagire istantaneamente in modalità difesa, conta mentalmente fino a dieci. Poi chiediti con onestà: “C’è anche solo un granello di verità in quello che mi sta dicendo questa persona, al di là di come mi fa sentire?”

Prova a celebrare i successi altrui senza “ma” e senza “però”. Quando qualcuno ottiene qualcosa di bello, sii felice per quella persona, punto. Senza cercare modi per minimizzare, senza dover riportare subito l’attenzione su di te e sui tuoi successi. Il successo degli altri non toglie nulla al tuo valore, e più lo pratichi più diventa facile crederci davvero.

Impara a separare nettamente i comportamenti dall’identità. “Ho fatto una cosa stupida in questa situazione” è profondamente diverso da “sono una persona stupida”. Puoi essere una persona di valore complessivo che ha commesso un errore, che ha dei limiti, che non eccelle in tutto. Non solo puoi, è letteralmente la definizione di essere umano normale.

Cerca attivamente feedback sinceri da persone di cui ti fidi e poi, parte ancora più difficile, ascoltali davvero senza metterti sulla difensiva. Chiedi come ti vedono nelle relazioni, dove pensano che potresti migliorare. E quando te lo dicono, respira e considera che forse stanno vedendo qualcosa che tu dalla tua prospettiva non riesci a vedere.

La vera forza sta nella flessibilità, non nella rigidità

Ecco la verità che nessuno sembra ripetere abbastanza: la vera autostima sana non è grandiosa, non urla quanto è forte, non ha bisogno di dimostrare costantemente il proprio valore. È semplicemente solida, realistica, flessibile. Non ha paura di ammettere limiti perché sa che quei limiti non definiscono il valore totale della persona.

Pensa alla differenza tra un grattacielo rigido che crolla al primo terremoto forte e un bambù che si piega sotto il vento ma non si spezza mai. L’autostima flessibile, quella vera, ti permette di adattarti, di imparare dai fallimenti, di crescere attraverso le difficoltà. L’autostima gonfiata e rigida ti rende fragile proprio perché non può permettersi neanche la più piccola crepa senza rischiare di crollare.

Se ti sei riconosciuto in molti di questi segnali, non c’è bisogno di disperare o di giudicarti duramente. Siamo tutti opere in corso, tutti con le nostre armature e le nostre insicureze mascherate in modi diversi. La differenza vera la fa la disponibilità a guardarsi allo specchio con onestà, a mettere in discussione le proprie certezze granitiche, ad accettare che forse, solo forse, non abbiamo sempre ragione su tutto.

E quella disponibilità a dubitare di te stesso in modo costruttivo, a rivedere le tue convinzioni, a riconoscere quando sbagli? Quella è paradossalmente il segno più affidabile di una vera, profonda, autentica sicurezza interiore. Quella che non ha bisogno di urlare quanto è forte al mondo intero, perché lo sa già dentro di sé.

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