Nipote fa i capricci quando deve riordinare: il vero motivo nascosto lascia i nonni senza parole

Quante volte vi sarà capitato: dovete uscire tra dieci minuti, i giochi sono sparsi ovunque e vostro nipote sembra improvvisamente colpito da sordità selettiva. Oppure è ora di pranzo, ma lui preferisce continuare a costruire torri con i cuscini del divano. La scena si ripete identica: voi ripetete la stessa richiesta con toni via via più esasperati, lui continua imperterrito, finché la situazione degenera in un capriccio che rovina l’atmosfera per tutti. Eppure esiste un modo completamente diverso di affrontare queste situazioni quotidiane, e parte dalla comprensione di come funziona davvero il cervello dei bambini.

Il segreto nascosto nella neurobiologia infantile

Ciò che molti non sanno è che il cervello dei bambini in età prescolare ha una capacità ancora limitata di autoregolazione e di funzioni esecutive. Queste abilità, che permettono di gestire le emozioni, inibire gli impulsi, passare da un compito all’altro e pianificare, si sviluppano gradualmente dall’infanzia fino all’età adulta e nella prima infanzia sono ancora immature.

Quando chiediamo a un bambino piccolo di interrompere un’attività piacevole per fare qualcosa di meno stimolante, stiamo chiedendo a una parte del cervello ancora in fase di sviluppo di compiere uno sforzo enorme. I capricci non sono dispetti personali: sono spesso espressione di difficoltà di regolazione emotiva e comportamentale, legate alla maturazione neurobiologica ancora in corso.

Per i nonni questo significa ripensare completamente l’approccio. Invece di dare comandi diretti che richiedono un’inversione immediata dell’attenzione, funziona meglio creare ponti di transizione. Ad esempio, anziché dire “adesso devi riordinare”, provate con “vediamo quanti dinosauri riesci a far tornare nella loro tana in cinque minuti”. Il compito rimane identico, ma il cervello del bambino lo percepisce come un gioco, attivando motivazione e circuiti di ricompensa invece che di resistenza.

La trappola della premura generazionale

Esiste un fenomeno ben documentato secondo cui molti nonni tendono a essere più indulgenti con i nipoti rispetto a quanto non lo fossero con i propri figli, mossi dal desiderio di mantenere un rapporto affettuoso e di evitare conflitti nei pochi momenti insieme. Il loro ruolo si concentra fortemente sull’affetto e sul sostegno emotivo, portando a volte a modalità più permissive rispetto ai genitori.

Paradossalmente, questa premura crea esattamente il problema che si vuole evitare. I bambini hanno un radar infallibile per le incoerenze. Quando percepiscono che una richiesta non è seguita da conseguenze coerenti, imparano rapidamente a ignorarla. Non si tratta di calcolo machiavellico: è semplicemente come funziona l’apprendimento.

La soluzione non è diventare sergenti autoritari, ma stabilire poche regole chiare e mantenerle con gentile fermezza. Gli studi sugli stili educativi dimostrano che l’approccio autorevole, che combina regole chiare con calore e dialogo, è quello più efficace. Se decidete che prima di uscire le scarpe vanno messe, quella regola deve valere sempre, presentata però come un rituale condiviso: “noi prima di uscire facciamo sempre così”. La ritualizzazione delle routine aiuta i bambini a prevedere cosa succederà e riduce i conflitti.

Il potere sottovalutato della routine visiva

Un metodo straordinariamente efficace ma poco conosciuto consiste nell’utilizzare supporti visivi per le routine quotidiane. Potete creare insieme ai nipoti un cartellone con immagini o foto che rappresentano la sequenza delle attività: riordinare i giochi, lavarsi le mani, apparecchiare. Non serve essere artisti: bastano disegni stilizzati o immagini ritagliate.

La ricerca sul funzionamento cognitivo infantile dimostra che i bambini elaborano con maggiore efficacia informazioni presentate in forma visiva e strutturata rispetto a istruzioni verbali ripetute, soprattutto per sostenere l’attenzione e l’organizzazione del comportamento. In ambito educativo, l’uso di schemi visivi è ampiamente raccomandato per supportare la comprensione delle sequenze e ridurre i conflitti.

Il cartellone diventa un riferimento neutro: non è più il nonno che “rompe”, ma la routine condivisa che va seguita. Questo depotenzia i conflitti e responsabilizza gradualmente il bambino, favorendo un progressivo senso di autonomia.

Quando il rifiuto nasconde un bisogno inespresso

Dietro molti capricci si celano bisogni che i bambini non sanno verbalizzare. Un nipote che si rifiuta categoricamente di riordinare potrebbe in realtà comunicare: “mi sento sopraffatto dalla quantità di cose da sistemare” oppure “non voglio che questo momento con te finisca”. I bambini piccoli faticano a identificare e nominare le proprie emozioni e spesso le esprimono attraverso il comportamento.

I nonni più efficaci imparano a decodificare il messaggio emotivo sotto il comportamento. Provate questa strategia: prima di insistere, inginocchiatevi all’altezza del bambino, stabilite un contatto visivo e chiedete “cosa ti preoccupa di questa cosa?”. Spesso basta riconoscere l’emozione per disinnescare la resistenza.

“Vedo che non vuoi smettere di giocare, ti stavi divertendo molto” è una frase che crea connessione e valida il vissuto emotivo del bambino. Dopo questo riconoscimento, il bambino è molto più disponibile a collaborare. Questo approccio, che riconosce e accoglie le emozioni prima di guidare verso soluzioni, è associato a una migliore regolazione emotiva e a meno comportamenti oppositivi.

Il coinvolgimento attraverso l’autonomia guidata

Un errore comune è fare le cose al posto dei bambini per velocizzare, salvo poi lamentarsi che non collaborano. I bambini hanno un bisogno forte di sentirsi competenti e autonomi. Competenza, autonomia e relazione sono bisogni psicologici fondamentali e, quando vengono soddisfatti, aumenta la motivazione interna a collaborare e impegnarsi.

Quando ai bambini viene costantemente negata la possibilità di fare da soli, si disimpegnano. Trasformate ogni attività in un’opportunità di autonomia progressiva. Apparecchiare diventa “tu scegli dove mettere i tovaglioli colorati”, prepararsi per uscire diventa “quale giacca ti tiene più caldo secondo te?”.

Quando tuo nipote non ti ascolta cosa fai?
Ripeto finché non cede
Lo trasformo in un gioco
Mollo e faccio io
Cerco di capire il bisogno
Chiamo i genitori

Questo approccio richiede più tempo inizialmente, ma costruisce competenze che poi velocizzano tutto. Favorisce lo sviluppo di abilità pratiche e un maggiore senso di efficacia personale, che in seguito rende le routine più fluide. E soprattutto, i bambini fanno volentieri ciò in cui si sentono bravi.

La coordinazione invisibile con i genitori

Molti nonni esitano a stabilire regole per timore di contraddire le scelte educative dei genitori o per non sembrare invadenti. Questa incertezza si trasmette ai bambini come inconsistenza. La ricerca sui sistemi familiari evidenzia che la coerenza educativa tra i diversi adulti di riferimento è importante per la sicurezza emotiva del bambino e per ridurre i comportamenti problematici.

Serve invece una conversazione esplicita con i genitori su poche regole fondamentali che valgono anche a casa dei nonni. Non si tratta di adottare alla lettera ogni metodo educativo dei figli, ma di concordare i principi base e le linee essenziali comuni.

Questa alleanza educativa, anche quando prevede alcune differenze (“dai nonni si può fare merenda sul divano”), va comunicata con chiarezza ai bambini: “mamma e papà sanno che qui facciamo così”. L’autorevolezza nasce dalla coerenza tra adulti di riferimento, non dalla rigidità delle singole regole.

Il rapporto tra nonni e nipoti può fiorire anche attraverso le piccole routine quotidiane, quando queste smettono di essere campi di battaglia e diventano occasioni di complicità. Serve pazienza, creatività e la consapevolezza che ogni capriccio è un’opportunità per comprendere meglio quel piccolo essere umano che sta ancora imparando a stare al mondo. I giochi riordinati insieme hanno un valore che va ben oltre l’ordine della casa: costruiscono memorie condivise e insegnano che collaborare può essere persino divertente.

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